perennemente in viaggio

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perennemente in viaggio ...sempre in classe economica...

lunedì 30 gennaio 2012

I privilegi dell'Arte Funeraria.


Pensai: “Forse Adelma è la città cui si arriva morendo e in cui ognuno ritrova le persone che ha conosciuto. E’ segno che sono morto anch’io” Pensai anche: E’ segno che l’aldilà non è felice”.
 Le città invisibili (Le città e i morti 2) di Italo Calvino

 19 episodio de "L'aiuto becchino"


 Avevo alcuni vantaggi che i miei coetanei non potevano neanche immaginare. Oltre ad avere a disposizione il giardino più grande di tutti, potevo godere di alcuni viaggi periodici, insieme a mia madre, con destinazione: il luogo dei “marmi santi” .
Questa città, famosa perché ci abitavano e lavoravano i migliori scultori e incisori di ogni tipo di pietra, era geograficamente “posata” molto vicina alla costa marina. Remo, oltre ad impostare le epigrafi e collimare bene tra loro gli accessori, non aveva il talento necessario nel disegnare il marmo per creare figure in omaggio al caro estinto. Così ogni volta che ce ne era bisogno, mio padre si affidava ai migliori scultori di arte sacra che per l’appunto risiedevano vicini al mare. Il contatto commerciale con gli artisti e di conseguenza anche il trasporto delle opere; era affidato a mia madre Bianca. Che per l’occasione si era dotata, di un auto mezzo idoneo: la 500 Giardinetta! Automezzo finalizzato ai bisogni di tutta la famiglia, nonché al trasporto di opere di arte funeraria. Mia madre, intraprendeva quei viaggi con sprezzo del pericolo e grande entusiasmo da esploratore.  Io mi esaltavo ogni  volta che l’accompagnavo. La nostra meta distava circa 100 km. da noi e sembrava una distanza infinita, quindi per intraprendere questo epico viaggio, tutte le volte ci attrezzavamo adeguatamente con ogni tipo di vivande ed eventuale vestiario di ricambio.


Il nostro “parco auto”, costituito dalla  giardinetta e da un vecchio carro funebre, era costudito in una sorta di garage nel retro del giardino poco distante dal pollaio e non raramente trovavamo le galline che avevano depositato i loro frutti ovali sul sedile dell’autista. La piccola familiare bianca accanto all’altra enorme familiare nera, creava un contrasto bizzarro ma pieno di significati in quel improvvisato garage.
 Quella volta, ad accompagnare nostra madre, andammo io e le mie due sorelle che durante il viaggio mi istruirono a dovere, con il loro mangiadischi arancione, su tutte le hit della canzone leggera del momento.
Era il viaggio dedicato a Vittorione, perché avevamo deciso di omaggiarlo di una lapide con  una incisione  di due guantoni da boxer.
Dopo aver esaurito i doveri professionale e visitato velocemente la città degli artisti, mia madre ci permise una sosta al mare.     
Arrivati sulla spiaggia ancora priva degli ombrelli estivi, ci scalzammo e  sedemmo tutti e quattro davanti al mare in silenzio.



giovedì 26 gennaio 2012

I Promessi Sposi contro l'album dei calciatori


18° episodio: de "L'aiuto Becchino"



Passarono i giorni del lutto. Io mi consolavo concentrando le mie attenzioni su Angela, la quale negli ultimi tempi era diventata più distante e sfuggente. Ripresi la mia mania del  quaderno ma questa volta sforzandomi a scrivere frasi e pensieri più in linea alla mia età.  Dopo vari tentativi di poetica pre-adolescenziale “corretta”, rinunciai e mi gettai alla collezione delle figurine dei calciatori. Niente da fare, non riuscivo a farmi piacere quella serie di volti di maschi rudi con espressioni che vagamente mi ricordavano le foto sulle lapidi dei miei amici “condomini”. Così la mia neo nata passione di collezionista si riversò su una grande novità del mondo delle figurine: I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni a colori! Una delizia di raccolta, con disegni originali che narravano l'intero italico romanzo per eccelenza. Conoscevo il romanzo grazie alla tv che trasmetteva in versione "sceneggiato televisivo" la storia dei due poveri amanti, interpretati da Paola Pitagora e Nino Castelnuovo, quindi il giorno raccoglievo le figurine e la sera controllavo in tv che le vicende di Lorenzo e Lucia  seguissero diligentemente le pagine del mio album.

La mia nuova passione, mi permise di scoprire anche le magnificenze della profumazione della colla coccoina in barattolo, molto simile ai lumini che vendevamo ai nostri clienti. Il suo dolce profumo di mandorla mi invitava a incollare le figurine all'infinito, a volte incollavo i “doppioni” anche sui mobili di cucina, cosa che non rendeva felice mia madre ma Aurelia assecondava con pazienza questa mia nuova distrazione.
La nonna, aveva subito più di altri, la scomparsa di Vittorione. Stranamente, anche Enzino   sembrava molto colpito da quel tragico evento. 
Aurelia e Enzino, erano la coppia comica della famiglia. Sporadicamente, si esibivano in un esilerante dialogo muto, fatto da espressioni facciali condito dalle più varie linguacce e smorfie che i migliori clown del circo potessero ideare. E tutti in famiglia restavamo estasiati dalle loro performance improvvisate, regalate a tutti noi nei momenti più impensabili. Ma recentemente, eravamo privi di questo intrattenimento d'avanspettacolo effettuato in uno dei palchi più straordinari che esistesse: il cimitero.
Una di quelle sere silenziose e priva del fantomatico duetto, Andrea interruppe la cena, ricordando a Remo che l'indomani non sarebbe stato disponibile, perchè doveva accompagnare Anna dal Dottor Pazzerini, il nostro medico di famiglia, per una visita di controllo. Il Dottore Pazzerini era un omone enorme pieno di dolce malinconia. Conosceva la nostra famiglia da sempre, a Remo era solito fargli presente che era il suo temibile avversario nella gara della vita. 
Andrea non ebbe risposta e arrabbiandosi perchè nessuno chiedeva delle condizioni di Anna, si alzò in piedi e rivolto a tutti disse:
Dio mio! Basta piangerci adosso. Vittorione non avrebbe voluto. La vita va avanti.”
e la nonna rispose: 
“Così come la morte!”

Il Dottor Pazzerini visto da Otto Dix...

lunedì 23 gennaio 2012

La morte addomesticata


17° episodio de: "L'Aiuto Becchino"



Quel luogo in cui ero nato, in cui avevo trascorso l'infanzia e una parte dell'adolescenza, aveva reso straordinaria anche la mia personale percezione della morte. Una morte “addomesticata” e amica, con cui dialogare quotidianamente nella confusione della vita.
Ma l'atto finale di Vittorione aveva “banalizzato” tutto ciò. La morte mi aveva tolto una persona con cui mi confrontavo, facendomene sentire la mancanza: semplicemente non c'era più, un'esistenza scomparsa.

Tutti noi eravamo profondamente sconvolti da quel gesto, ma molti in paese erano invece come sollevati: lo dimostrò la quantità di presenti al funerale di Vittorione.  Erano presenti, oltre alla mia famiglia, Enzino e Marco, due vecchi compagni di guerra, e, in modo discreto e silenzioso,  Edda, con un velo nero sulla testa fino a coprire l'intero volto e due guanti neri lunghi fino al gomito. Subito pensai che servissero a mascherare la fantomatica mano amputata e mi chiesi che fine avesse fatto il topo con il quale aveva “benedetto” mio fratello Andrea e Anna. Le mie care sorelline, dal canto loro, non persero l'occasione per dimostrarmi il loro caldo affetto parentale, ricordandomi che i guanti neri di Edda potessero essere quelli che vagavano nel cimitero, tanto esaltati dalla nonna Aurelia. 



Io, per l'occasione, feci il chierichetto a Don Spartaco, che ufficiò il rito funebre in maniera sbrigativa e con palese imbarazzo a causa dell'atto sacrilego che Vittorione aveva commesso. Quel rito di cordoglio pubblico terminò con l'inserimento della cassa in un modesto appartamento riservato a Vittorione, in un'altrettanta modesta parte del condominio. 

 Mia madre invitò Marco in casa per bere un “bicchierino” e lui accettò di buon grado. Graziella trovò delle scuse per non essere presente, lasciando il campo libero a Gabriella, che ben contenta fece gli onori di casa. Marco ci informò che Vittorione in realtà non era fuggito dall'istituto, bensì dimesso, e subito dopo era stato ospite della casa colonica di Edda. Il giorno prima che mio padre lo trovasse, era arrivato con la sua bicicletta in piazza del paese e, tra lo stupore di tutti, aveva cominciato a lanciare in aria banconote di grosso taglio, sfidando i ragazzi presenti a raccoglierle.  Brandendo un vecchio bastone in mano sbraitava contro loro, con la sua voce roca e inconfondibile: 
“Vediamo chi ha coraggio di raccattarli. Vediamo quanto siete attaccati ai soldi!”

Quella sera avrei dovuto aggiungere il nome di Vittorione nel mio quaderno, magari con una frase di circostanza. Ma uscii di casa, gettai il quadernetto nel viale del giardino e lo bruciai. Le piccole fiamme che produsse si confusero con le altre mille del giardino, come tanti fuochi fatui che danzavano in omaggio a Vittorione.



lunedì 16 gennaio 2012

Totò contro la crisi del mercato immobiliare


16° episodio de "L'aiuto Becchino"


Nonna Aurelia era intenta a realizzare piccoli mazzolini di fiori pronti poi per essere venduti agli eventuali visitatori. Usava l'acquaio di pietra posto fuori dal nostro appartamento che funzionava da vetrina floreale. Aurelia aveva perso la sua abituale ironia nell'affrontare i riti quotidiani di quel giardino. In silenzio presi ad aiutarla, mentre uscì allo scoperto Tobia, la tartaruga. In quel vasto giardino era popolato anche da molti altri animali. Oltre ai polli nascosti, vi era ogni sorta di animale domestico e no: lucertole, topi, serpi, sporadicamente cani randagi in cerca di asilo, gatti che venivano temporaneamente adottati e ovviamente Tobia. Famiglie intere di animali contrapposti alla mia, vivevano nel mio giardino e ad ogni entrata di visitatore, essi come d'incanto scomparivano. 
Anche Remo era più taciturno del solito, gli unici momenti in cui il suo volto si rasserenava era con i film di Totò e la sera precedente avevamo visto “Totò cerca casa” in tv. Alla famiglia di Tottò veniva offerto di abitare in una casa all'interno del cimitero ed ovviamente l'icarco di custode e becchino, ma loro dopo un vano tentativo rifiutavano scappando a gambe levate. Non ci volevamo credere ma sembrava di vedere la nostra situazione abitativa in quel film e tutti noi ne eravamo sorpresi e vagamente felici e soddisfatti.  
Noi eravamo riusciti dove, il mito di mio padre aveva fallito.


Sapevamo che Vittorione era fuggito dall'istituto in cui “soggiornava” da quasi due settimane, ma nessuno riusciva ad avere altre notizie su dove si fosse rifugiato. Remo prima di chiudere il cancello, ogni fine giornata faceva un giro di perlustrazione del giardino ed infine rientrava a casa speranzoso di non trovare il solito caos e soprattuttto la solita cena cucinata in modo approssimativo da Bianca. Quella sera tardava a rientrare, così Mia madre mi chiese di chiudere il cancello ed alle mie sorelle di cercare nostro padre. Scesi i tre scalini che innalzavano la nostra abitazione dal giardino e immediatamente scorsi, nel crepuscolo della sera, la sagoma prodotta dal controluce  delle mille piccole luci votive, di mio padre inginocchiato nel centro del viale.
Aveva trovato Vittorione.

Vittorione con la testa dentro una busta di plastica chiusa al collo con uno degli innumerevoli rosari di legno che adornavano la sua bicicletta. 
Il suo corpo giaceva accanto alla propria bicicletta, davanti alla porticina dell'ossario.


martedì 10 gennaio 2012

La vita è come un dente

Se Vittorione avesse avuto altri vestiti,  se avesse avuto un'altro mezzo di locomozione, se avesse avuto altre mani e se fosse vissuto altrove; sicuramente avrebbe scritto questi versi in quel momento.


15° episodio de: "L'Aiuto Becchino"






La vita, è come un dente
All'inizio non ci si pensa
Felici di masticare
Ma poi ecco che d'improvviso si guasta
Fa male, e preoccupati
Lo si cura non senza fastidi
E per essere veramente guariti,
Bisogna strapparlo, la vita.




Quando avrò vento nel mio cranio
Quando ci sarà l'erba sulle mie ossa
Forse si crederà che io sogghigni
Ma sarà un'impressione sbagliata
Perchè mi mancherà
Il mio affare plastico
Plastico tico tico
Che avranno rosicchiato i topi
Il mio paio di coglioni
I miei polpacci le mie rotule
Le mie cosce ed il culo
Sul quale mi siedo
I miei capelli le mie fistole
I miei graziosi occhi cerulei
I miei copri-mandibole
Con cui vi lecco
Il mio naso vistoso
Il mio cuore il mio fegato il mio lombo
Tutti questi  niente meravigliosi
Che mi hanno fatto apprezzare
Dai duchi alle duchesse
Dai papi alle papesse
Dagli abati dalle asine
E dalla gente del mestiere
Inoltre non avrò più
Questo fosforo un pò molle
Il cervello che mi è servito
A prevedermi senza vita,
Le ossa completamente verdi, il cranio pieno di vento
Ah quanto mi spiace diventare vecchio.


Queste poesie sono tratte dalla raccolta: "Non vorrei crepare" di Boris Vian.

lunedì 9 gennaio 2012

"Angeli e follia"


La quiete prima della....

14° episodio:  de "L'Aiuto Becchino"


Così il giardino riprese la sua routine normale. Mio padre continuava taciturno il suo lavoro, le mie sorelle si becchettavano su quale canzone ascoltare e quale vestito mettere, Andrea continuava a lavorare con mio padre ma con la testa altrove, ed io, mentre la fine della scuola si stava avvicinando, mi sentivo sempre più confuso ed imbarazzato sui tanti pensieri che gli ultimi avvenimenti mi avevano provocato.
Un quieto pomeriggio al giardino, in cui mia nonna era intenta a spennare un pollo davanti casa nostra, io avevo deciso di lasciarmi trascinare dalla narrazione dell'ultimo film visto da mia madre. 
Bianca tra i suoi svaghi preferiti, c'era la passione per il cinema. Non raramente si concedeva il lusso di andare in città, con la scusa che la spesa migliore era al mercato cittadino, e una volta in città, non mancava l'appuntamento con la sala cinematografica. Un'evasione dalla realtà del giardino, che le era concessa benevolmente da Remo e tutti quanti noi. La questione era che doveva condividere ciò che aveva visto con qualcuno, e priva dell'arte della sintesi,  il suo racconto aveva solitamente una durata maggiore del film in oggetto. Bianca non aveva una preferenza di generi cinematografici, la scelta del film era basata principalmente dalla collocazione geografica della sala e dall'orario d'inizio proiezione e tutto doveva creare un'armonica combinazione con l'orario del bus per il ritorno. Quella volta, il suo personale criterio di scelta cinematografica “spazio-temporale”, aveva determinato la visione di “Il gatto a nove code”. Quale migliore evasione per dimenticare temporaneamente il nostro giardino: un film in cui una delle protagoniste di nome Bianca è coinvolta in una serie di allucinanti omicidi e la scena clou è ambientata in un cimitero?

Dopo la prima ora di narrazione di mia madre, ero già stordito dalle dettagliate scene raccontate, improvvisamente entrò Vittorione con la sua bicicletta. Lanciato sul viale principale del giardino, sembrava che non volesse più fermarsi. Giunto ai piedi della cappella centrale, gettò la bici a terra e si scagliò con una vanga contro una statua rappresentate un triste angelo ad ali raccolte e su di esso, senza un'apparente motivo, scatenò la sua ira repressa riducendolo in mille pezzi provocando molteplici bianche nuvole di marmo che coprirono una gran parte del giardino. Remo, Andrea, perfino Enzino, faticarono non poco per fermarlo e calmarlo. Solo il giorno dopo scoprimmo che il motivo di quel gesto furibondo fu l'azione di “rappresaglia” che Edda subì da parte del padre di Anna. Non c'erano prove che potevano accusare direttamente il macellaio ma tanti sospetti. Si parlava che Edda avesse subito la mutilazione della mano sinistra e per questo il topolino fuggì a cercare nuovi proprietari e lei costretta a cessare l'attività per cui era famosa.
Il risultato certo, fu che Vittorione venne allontanato dal nostro giardino per molto tempo e rinchiuso in un certo “istituto”.


mercoledì 4 gennaio 2012

L'Epifania dei sensi contro i cavalieri dello zodiaco


“Si racconta che nei periodi di maggior crisi, quando la fine del mondo sembra vicina, l’umanità può contare solo su una schiera di valorosi cavalieri, devoti ad Atena e protettori della giustizia: I Cavalieri dello Zodiaco.”
La necessità di sicurezza nel futuro è pari solo al bisogno di contatto umano.



13° episodio de: “L'aiuto Becchino”

La “maga” Edda in questione, era una ex contadina di bassa statura ma di gradevole aspetto, di cui dicevano che avesse proprietà divinatorie grazie ad un topolino vivo cucito nel palmo della mano sinistra (una sorta di topo informatico antelitteram).
Molti, in paese conoscevano Edda per altri tipi di servizi che forniva ai tanti uomini soli, desiderosi di “profezie” molto più terrene. Anche Vittorione era uno di questi, ma si presentava sempre ai loro incontri con inaspettata timidezza e delicatezza.  Tra i due era nata una speciale amicizia, molto ostaggiata da tutti in paese perchè ritenuti entrambi socialmente inaccettabili.
Edda vista da Otto Dix...
Anna ed Andrea, sarebbero stati dalla “operatrice esoterica”, per assicurarsi sul loro futuro e scongiurare l’eventualità di ogni tipo di malocchio contro. La prassi in uso per questo tipo di servizio, era quella dei “bachi di zolfo”.
La cerimonia consisteva in questo: l’operatrice prendeva una “palla di zolfo” solido, poneva sotto una candela accesa e dopo aver fatto il segno della croce ai due clienti cominciava a pregare sottovoce mentre la candela scioglieva lo zolfo. Le lacrime dello zolfo sciolto si depositavano in un bicchiere pieno d’acqua che tenevano in mano i due clienti. Al momento del contatto con l’acqua le lacrime si solidificavano in piccoli fili simili a bachi di colore nero o giallo-rosso. Al termine della cerimonia i due dovevano bere l’acqua di quel bicchiere lasciando in fondo quei vermetti. Se la maggioranza fosse stata gialla-rossa allora ogni maleficio contro i clienti sarebbe stato debellato. 
Sembra che così fosse stato per Andrea ed Anna. Sembra anche che un aiuto più concreto fosse pervenuto ai due fuggitivi da Enzino. Il suo apporto, sembra che fosse stato decisivo per la riappacificazione con il macellaio. Ma Enzino questo non lo ammise mai.