perennemente in viaggio

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perennemente in viaggio ...sempre in classe economica...

venerdì 28 settembre 2012

La Villa dei marchesi e il salvadanio a forma di bara



La professione di mio padre non si svolgeva mai a “domicilio”, tranne per un evento straordinario.
La nobile famiglia del paese dei Marchesi Ruccellotti si trovò costretta restaurare il proprio patrimonio immobiliare a causa del degrado strutturale in cui si trovavano tutti gli edifici di proprietà.

Tale patrimonio consisteva in:
-Villa padronale con annesso giardino e orto botanico
-Residenza per il “fattore” e la sua famiglia
-Scuderia e stalle verie
-Limonaia (gigantesca)
-Cappella privata.

Il lavoro, affidato ad una ditta specializzata della città, progrediva rispettando i tempi di “consegna” e in modo corretto, fintanto che i manovali specializzati della suddetta si opposero a svolgere il lavoro di esumazione dei cari avi sepolti nella Cappella di Famiglia. 
Dopo varie discussioni, venne deciso di chiedere al bravo custode del cimitero di eseguire tali lavori.

Mio padre accettò ma si trovava a corto di mano d'opera. Vittorione ideologicamente contrario a svolgere qualsiasi servizio  in casa di aristocratici ed Enzino, per un suo non ben precisato “voto”, non poteva entrare inella residenza dei Marchesi. Così, insieme a mio fratello fui arruolato anch'io.

Dodici salme, divisi in sarcofagi e loculi. Tutti riposavano da oltre 50 anni e sicuramente necessitavano l'esumazione richiesta per una meritata nuova collocazione dei loro resti mortali. 
Avevo già partecipato ad un'esumazione, anche se con esito non totalmente positivo, per cui ero pronto a far ricredere Remo sulle mie doti professionali.  
Il mio ruolo consisteva in depositare le ossa, che Remo e Andrea opportunamente ripulivano e ne identificavano l'appartenenza, in una sorta di scatola di stagno. 
Munito di guanti di gomma, che potevano essere da giardinaggio o da casalinga per lavare i piatti, prendevo con delicatezza i pezzi che mi passavano uno ad uno e li ponevo con cura ognuno nelle proprie scatole. 
Tra quelle dodici salme c'era anche uno sfortunato avo dei Marchesi scomparso quando aveva poco più di due anni, e quando mio fratello mi passò la calotta cranica del bambino con “appiccicati” ancora i pochi biondeggianti capelli del nobile infante, le mie mani non riuscirono a stringerla come dovevano lasciandola cadere in terra. 

La sera a casa, mio Padre, che mi vedeva ancora leggermente turbato per quell'esperienza, tentò di tranquillizzarmi raccontando le sue esperienze di esumazioni dove trovava scheletri in posizione non “consona” lasciando capire che il malcapitato era stato erroneamente valutato come defunto e quindi seppellito vivo. Chissà perchè Remo pensava che quei racconti potessero esorcizzare in qualche modo la mia esperienza, forse perchè tra le righe dei racconti mio padre dovevo leggere e capire che potrebbe andare sempre peggio.

Comunque ci pensò Bianca a rimediare, regalandomi un salvadanaio a forma di bara dove sulla base superiore si poneva una moneta e da sotto un pezzo di stoffa nero usciva una mano di scheletro per carpire la moneta ed introdurla nella bara e per finire un teschio emergeva per ringraziare del lauto deposito.



Mi permetto di affermare che questo inconsueto metodo pedagogico di mia madre, funzionò egregiamente.


lunedì 10 settembre 2012

Il mio ex "giardino monumentale d'infanzia"


Rovistando tra il deposito della memoria, ho ritrovato una cartolina postale raffigurante il mio giardino in stile "eclettico" con elementi gotici su struttura pseudo romanico-toscano con influenze rinascimentali.
Sul timpano centrale una statua di San Sebastiano in pieno martirio, simbolo e santo protettore delle Arciconfraternite italiane.

San Sebastiano di Guido Reni


L'iconografia classica di San Sebastiano lo raffigura durante il suo martirio trafitto da frecce mentre lui seminudo è legato ad un albero. La posa languida e per alcuni versi ambigua e l'espressione del volto quasi "soddisfatto", ha ispirato Yukio Mishima per la sua opera "Confessioni di una maschera" e non solo. 



"Era una riproduzione del San Sebastiano di Guido Reni. Il tronco dell'albero del supplizio, nero e leggermente obliquo, campeggiava sullo sfondo tizianesco d'una tenebrosa foresta e d'un cielo serotino, fosco e distante. Un giovane di singolare avvenenza stava legato nudo al tronco dell'albero, con le braccia tirate in alto, le cinghie che gli stringevano i polsi incrociati erano fermate all'albero stesso. Non si scorgevano legami d'altra sorta, e l'unico rivestimento delle nudità del giovane consisteva in un ruvido panno bianco che gli fasciava mollemente i lombi.



Immaginai che fosse la descrizione di un martirio cristiano. Ma siccome era dovuta a un pittore della scuola eclettica derivata dal Rinascimento, anche da questo dipinto che raffigurava la morte di un santo cristiano emanava un forte aroma di paganesimo. il corpo del giovane - lo si potrebbe perfino paragonare a quello di Antinoo, il favorito di Adriano, la cui bellezza fu così spesso immortalata nello scultura- non reca alcuna traccia degli stenti o dello sfinimento derivati dalla vita missionaria, che improntano l'effigie dei santi: questo palesa invece unicamente la primavera della gioventù, unicamente luce e piacere e leggiadria.



Quella sua bianca e incomparabile nudità scintilla contro uno sfondo di crepuscolo. Le braccia nerborute, braccia di un pretoriano solito a flettere l'arco e brandire la spada, sono levate in una curva armoniosa e i polsi s'incrociano immediatamente al di sopra del capo. Il viso è rivolto leggermente in alto e gli occhi sono spalancati, a contemplare la gloria del paradiso con profonda tranquillità. Non è la sofferenza che aleggia sul petto dilaniato, sull'addome teso, sulle labbra contorte, ma un tremolio di piacere malinconico come una musica. Non fosse per le frecce con le punte confitte nell'ascella sinistra e nel fianco destro, egli sembrerebbe piuttosto un atleta romano che allevia la stanchezza in un giardino, appoggiato contro un albero scuro.



Le frecce si sono addentrate nel vivo della giovane carne polposa e fragrante e stanno per consumare il corpo dall'interno con fiamme di strazio e d'estasi suprema. Ma il sangue non sgorga, non ha ancora infuriato il nugolo di frecce che si vedono in altri dipinti del martirio di San Sebastiano. Qui invece, due frecce solitarie mandano le loro ombre quiete e delicate sopra la levigatezza della pelle, simili alle ombre d'un ramo che cadono su una scala di marmo."

Yukio Mishima 




Mishima che interpreta San Sebastiano


Così il nostro caro San Sebastiano, dall'alto della sua posizione, vegliava dolcemente anche sulla mia famiglia per l'intera durata del nostro "patronato cimiteriale".