"Sentivo che esisteva da qualche parte un profondo legame tra il regno dei morti e quello del cinema, che era ancora il regno delle ombre, quello della caverna di Platone.
....come dice Sartre; l'originale s'incarna, scende nell'immagine che è una presenza vissuta e una assenza reale, una presenza-assenza.
.....il fantastico regna. La morte è come la notte; essa libera le ombre; i morti non hanno ombra, essi sono queste ombre: e così li chiamiamo.
...Epstein ci fa notare che lo schermo ci rivela "la volgarità di un atteggiamento, la goffaggine di un gesto, la vergogna di uno sguardo". Noi reagiamo sovente come se l'obiettivo potesse strapparci la nostra maschera sociale e rivelare ai nostri occhi e agli altri la nostra anima non confessata. Non è forse una prova il fatto che appena chiamati davanti a un apparecchio fotografico o da presa noi "posiamo", cioè ci mettiamo una maschera, la nostra maschera più ipocrita: il sorriso o la dignità?"
Edgar Morin: "Il cinema o l'uomo immaginario"
E quando Grillo "s'incappuccia" si toglie la maschera?