Sulla
striscia d'asfalto che collegava il paese al mio giardino, vi era
situato a metà anche un altro cimitero, il cimitero comunale detto
abitualmente il cimitero vecchio semplicemente perchè di
realizzazione antecedente al nostro, il quale era conosciuto come
quello “nuovo”. Ma la distinzione tra i due non era solo di tipo
cronologico, in qualche modo chi poteva permettersi un appartamento
nel nostro condominio stabiliva in maniera “eterna” la propria
differenza sociale anche nell'aldilà.
L'alter
ego di mio padre del cimitero vecchio era Tripolino. Il nome invitava
ad intuire le simpatie coloniali dei genitori miste a desideri di
luoghi esotici. Egli era un impiegato comunale e come tale, a
differenza di mio padre, aveva un orario da rispettare che con
diligente
solerzia si prodigava nell'attuare le regole imposte
dall'amministrazione comunale. Remo conosceva bene gli orari e
tentava sempre di passare dopo l'orario di chiusura per non dover
sopportare il formale saluto che i due becchini rivali erano
costretti a farsi.
Ogni
funerale che approdava al mio cimitero, doveva oltrepassare il
cimitero vecchio, sotto lo sguardo pieno di livore di Tripolino. A
parere di Vittorione, Tripolino teneva una sorta di registro
alternativo, dove segnava in parallelo ai propri, i clienti del
cimitero nuovo con intenzione di portare al sindaco le prove
inconfutabili della necessità di un rinnovo dei locali-loculi
comunali. Tripolino aveva ingaggiato una personale gara con Remo.
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