perennemente in viaggio

perennemente in viaggio
perennemente in viaggio ...sempre in classe economica...

giovedì 26 aprile 2012

Post riflessivo a posteriori n. 2



La cosa più ingiusta della vita è come finisce. 
Voglio dire: la vita è dura e impiega la maggior parte del  nostro tempo...
Cosa ottieni alla fine? La morte. Che significa? Che cos'è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto?
Credo che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato.
Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva il pensiero. Poi in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perchè troppo giovani. Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per 40 anni, fino a che sarai sufficientemente giovane per goderti la pensione.
Seguono, feste, alcool, erba ed il liceo. Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino, giochi e non hai responsabilità, diventi un neonato, ritorni nel ventre materno, passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando e finisci il tutto con un bell'orgasmo!

Woody Allen


Il problema sociale della morte è molto difficile da risolvere perchè i viventi hanno difficoltà a identificarsi coi morenti. La morte è un problema che riguarda i vivi.
La morte è uno dei più grandi pericoli bio-sociali che minacciano la vita umana. Così come altri aspetti dell'esistenza che appartengono alla vita animale, la morte, sia in quanto pensiero che in quanto processo, viene relegata in larga misura dietro le quinte della vita sociale nel corso del movimento che produce la civilizzazione.
La morale dell' homo clausus, dell'uomo che si sente solo, diventerà in fretta caduca se non rimuoveremo più la morte, ma l'accetteremo come parte integrante della vita.

Nobert Elias


Due posizioni discordanti?...

venerdì 20 aprile 2012

Il frullatore impazzito contro le nozze e i fichi secchi.


31° episodio  de "L'aiuto Becchino"


Bianca aveva vietato a tutti di raccontare l'accaduto ad Andrea. Ad Enzino fu addirittura imposto il triplice giuramento sul crocifisso di casa: se avesse riferito, o solo accennato,  ad Andrea quello che Aurelia-Tobia gli aveva detto, sarebbe stato colto dalla collera perenne della Bianca per il resto della sua vita.   Al momento, nessuno sembrava pensare che quella bizzarra apparizione potesse essere stata frutto di un colpo di sole del povero Enzino, ma non importava: a scanso di equivoci era stata imposta omertà assoluta.
Trascorsero i giorni che ci separavano dal lieto evento tra imbarazzo e impazienza nell'assistere alle prime nozze di un membro della nostra famiglia. Primo e Cosetta, i genitori di Anna, avevano donato alla giovane coppia un terratetto di proprietà, situato ai margini della piazza del paese, poco dopo la chiesa dove si sarebbero uniti in matrimonio. Mentre a Remo spettava l'onere del pranzo nunziale che aveva predisposto nel migliore ristorante locale, anche perchè l'unico adeguato ad ospitare 100 coperti. Il viaggio di nozze consisteva nell'insediarsi in casa nuova con arredo nuovo e elettrodomestici di ultima generazione tecnologica.

Alla vigilia del giorno fatidico andammo tutti a vedere i regali di nozze, messi in esposizione sulla tavola della sala che sarebbe diventata di Andrea e Anna. Tutti gli invitati avevano il dovere di passare in rassegna questi doni offerti alla coppia. Forse per fare un confronto e sentirsi orgogliosi o vergognarsi per il regalo fatto. Anna e Andrea erano a fare il resoconto dei regali ricevuti, davanti a un vero e proprio banchetto di oggetti, adornato da utensili per cucina, soprammobili, cornici d'argento, posate, batterie di piatti e pentole, tovaglie ricamate, lenzuoli con orli raffinati e cuscini merlati, bicchieri di cristallo di boemia, set completo per il tè e caffè, tazze e tazzine, cucchiai e cucchiani in peltro. Un telefono in bachelite nero e uno stereo grande quanto un armadio erano a fianco del tavolo ormai stracolmo. 
Andrea era visibilmente nervoso: ad ogni regalo passato in rassegna da Anna, aumentava l'elenco dei tic nervosi che lo avevano assalito. Ignaro di quello a cui andavo incontro, io intanto stavo ammirando il frullatore e robot da cucina, il quale mi aveva letteralmente affascinato.  In estasi completa, mi avvicinai all'oggetto che aveva rapito la mia fantasia più di ogni altro, immaginandomi a trangugiare litri di frullati prodotti da quella meravigliosa diavoleria tecnologica. Cominciai ad ammirare ogni singolo pezzo che componeva il robot in questione, tentai di assemblarlo in qualche modo e infilai la spina alla presa. Con un solenne gesto avvicinai il mio dito indice destro al tasto di accensione e... il robot cominciò a produrre scintille e fumo. Cominciò a muoversi sul tavolo come se fosse posseduto dagli spiriti di tutti gli ingegneri creatori e innovatori dei beni domestici, infuriati per il mio gesto inconsapevole da piccolo terrorista contro tutto il sistema industriale mondiale. Infine, con un gemito simile ad un barrito di elefante indiano, il frullatore emise il suo ultimo anelito di vita e perì definitivamente. 


Andrea colse l'occasione per manifestare tutto il suo panico. Sbraitò contro di me le peggiori cose sputando non solo bestemmie e fuggì di corsa dalla stanza. 
Dopo che fu raggiunto da Remo, Andrea confessò che, mentre il frullatore impazzito stava andando verso la propria fine, aveva avuto un'ìlluminazione sul suo futuro. Aveva visto la sua uscita dalla famiglia dove viveva in una particolare isola per entrare in un'altra famiglia che viveva sulla terra ferma, ma non era riuscito a vedere il viaggio che lo conduceva su questa nuova terra. Oppure non lo ricordava questo viaggio e non capiva come ci era arrivato. Era spaventato perchè non si sentiva in movimento, anzi, si sentiva piantato con i piedi ben interrati e l'erba che gli cresceva intorno. 

Nonostante la pseudo profezia di Tobia-Aurelia e conseguente panico di Andrea, le nozze si fecero e tutto si svolse regolarmente. Uscita dalla chiesa con lancio del riso, breve gita alla chiesa più bella per fare le foto con sfondo meno “povero” e infinito pranzo di nozze con grande finale condito da confetti alla mandorla e fichi secchi di “stagione”.


mercoledì 11 aprile 2012

lunedì 2 aprile 2012

Il Dispensatore e la Tarta-Ruga Tobia.


30° episodio de "L'Aiuto Becchino"


Il sistema di approvvigionamento alimentare della nostra famiglia non era basato solo dal pollaio o dalle spese cittadine periodiche di mia madre. Il fabbisogno quotidiano era soddisfatto soprattutto dal fantomatico “Nacherelli”. 
Nacherelli era un emporio ambulante su quattro ruote. Ogni mattina il suono stridulo del clacson del vecchio furgone colore crema, adibito a negozio, ci avvisava del suo arrivo davanti al cancello del cimitero e le donne di casa si apprestavano alla spesa dei generi di prima necessità. Naccherelli serviva le case coloniche sparse nella campagna troppo distanti dai negozi paesani, così anche il nostro condominio era diventato semplicemente un'altra delle case coloniche a cui il Naccherelli portava i suoi preziosi benefici. Svolgendo un'apprezzabile servizio socio-alimentare. 
L'autista-gastronomo era simpatico e affidabile inoltre permetteva a tutti di “segnare” la spesa e saldare i conti con "comodo" a fine settimana. Spesso accadeva che oltre agli articoli alimentari o prodotti per la casa, introducesse, con sapiente capacità di marketing, tra un formaggio e un affettato,  le ultime novità nel campo dell'abbigliamento intimo femminile; mutande ascellari, calze totalmente coprenti di colore nero, grigio e marrone, fino alla tonalità più ambita: beige, come il suo furgone.
Naccherelli era il nostro dispensatore di conforto quotidiano dal quale, anche Enzino si riforniva di prodotti per la casa o per un frugale pasto tra una pulizia di una lapide e l'altra.

Enzino tutti i giorni appariva nel nostro giardino lasciando la bicicletta appoggiata al cancello e da quando Aurelia se ne era andata, si prendeva cura per prima proprio la lapide di Aurelia.
Aurelia aveva raggiunto suo marito Adolfo e la facciata del piccolo appartamento che li ospitava, era stata rinnovata con nuove scritte e nuova foto. Enzino omaggiava Aurelia con le sue amorevoli attenzioni; cambiava l'acqua del vasetto con i fiori, lustrava la  fotografia di ceramica alitandoci sopra, puliva il portalume, spazzava il pavimento sotto la lapide. Come una brava donna delle pulizie, rassettava con professionalità e precisione il nuovo piccolo appartamento della nonna. 
Enzino era diventato il cliché della vecchia “spalla” privata del suo capocomico e rimasta sola, impossibilitata ad esibirsi in pubblico con i soliti numeri di avanspettacolo che ripeteva a memoria con tempi da attore navigato e quasi snob. Ora si trovava solo e triste, senza Vittorione con cui litigare e senza la nonna con cui ridere e far ridere, Enzino si era spento. 

Passati alcuni giorni, un pomeriggio Enzino, pieno di adrenalina, si riaccese di colpo. Entrò sudato e sovraeccitato in casa gridando che Aurelia gli era apparsa!
Bianca con fare materno gli rispose: 
-“Enzo, sei stanco e oggi è molto caldo. Forse ti sei confuso con la fotografia di Aurelia.”
-“Sono sicuro di quello che ho visto e sentito! Perchè Aurelia mi ha anche parlato!”
Graziella incredula, allora gli chiese:
-“Dai! e cosa ti avrebbe detto?”
Enzino bevve un bicchiere d'acqua, si mise seduto sulla sedia della nonna e cominciò il racconto dell'apparizione.
-“Stavo cambiando l'acqua ai fiori alla fontanella vicino alla siepe. Quando vedo muoversi i rami della siepe e uscire Tobia la tartaruga. Mi chino verso di lei per toccarla sulla testa. Sapete che porta fortuna vero?”
Tutti lo pregammo di continuare senza divagare. Allora dopo un ulteriore bicchiere d'acqua, Enzino riprese il racconto.
-”Sfioro la testa di Tobia e improvvisamente questa si mette ritta sulle due zampine posteriori e mi dice”.
Enzino cambiò tono della voce come per imitare Aurelia.
-” Enzo sono Aurelia, devo chiederti una cosa importante”
Enzino continua agitandosi sulla sedia.
-”Devi dire a tutti che mi dispiace, non volevo morire adesso, poco prima delle nozze di Andrea. Ma devi dire anche al mio nipote sciagurato. Se riesce a non sposarsi ne sarei felice. Avere famiglia alla sua età...un bambino. La famiglia è un bene ma può essere anche un male...Se non è voluta consapevolmente. Insomma è difficile..deve..non dovrebbe...anzi dovrebbe...scappare..”
Enzino interpretando se stesso:
-”Allora io la interrompo e gli chiedo: come faccio ad essere sicuro che sei te Aurelia? Tobia mi risponde”:
Riprendendo l'imitazione di Aurelia:
-”Sei duro come sempre! Possibile che non mi riconosci”
-”Allora Tobia comincia il numero delle smorfie che faceva Aurelia insieme a me. Tira fuori la lingua. Strizza l'occhio sinistro poi quello destro e infine chiude bocca e occhi insieme. Io rimango impietrito era il nostro numero esatto dall'inizio alla fine. Ma soprattutto la riconosco dalle rughe del collo. Non mi posso sbagliare. Era il collo della Aurelia!”
Le rughe del collo della nonna, quando faceva il numero delle smorfie, producevano una sinfonia in movimento incredibile. Erano così evidenti che ricordavano dei tiranti di una tenso-struttura elastica che danzava sotto la pressione di un forte vento.
-”Insomma. dice di fare attenzione ad Andrea e che le dispiace tanto per lui e si scusa con tutti. Poi, velocissima, torna nella siepe da dove era uscita.”
Continuò Enzino.
Il silenzio intorno a lui venne rotto dall'entrata di Remo, che disse:
-”Lo sapete? Ho trovato Tobia a pancia in sù, morta! Qui vicino casa.”