34° episodio de "L'Aiuto Becchino"
L'evento della casa nuova produsse le normali trasformazioni del caso e questo mi indusse a percepire la differenza dallo stato passato dove non esisteva miseria ma una sorta di autarchica gestione sociale, rispetto al nuovo stato che ci costringeva ad una inevitabile assimilazione sociale e culturale.
Gabriella si rassegnò e prese la via del dancing locale dove poche visite dopo incontrò Dino, con il quale avviò una stabile e normale relazione sentimentale.
Lo spazio della casa nuova diventeva sempre più dilatato ed io, cominciai a prenderne possesso lasciando un segno della mia presenza in ogni stanza.
Con le mie sorelle vi erano nove e dieci anni di differenza. Da piccolo, e loro adolescenti, funzionavo da deterrente per ogni sorta di approccio sentimental-erotico che Graziella e Gabriella intendessero realizzare. Ogni uscita domenicale che le due fanciulle facessero, erano costrette da Bianca ad portare il fardello del fratellino a seguito. La loro insofferenza per questo obbligo familiare si manifestava nei modi più vari.
Il classico espediente per annullare l'effetto devastante che producevo alle loro micro avventure, era costituito dalle seguenti fase:
A); parcheggiarmi nel cinema del paese,
B); riempirmi di sacchetti di lupini e semi per la visione del film in programmazione,
C); sgattaiolare via nel buio della sala,
D); venire a ritirare l'ingombrante “pacco” a fine pomeriggio.
A); parcheggiarmi nel cinema del paese,
B); riempirmi di sacchetti di lupini e semi per la visione del film in programmazione,
C); sgattaiolare via nel buio della sala,
D); venire a ritirare l'ingombrante “pacco” a fine pomeriggio.
Probabilmente quella domenica, le mie sorelle erano state coinvolte eccessivamente dalla loro scappatella, tanto da scordarsi che erano già passate le due ore canoniche del film.
In programma c'era “Il figlio di Godzilla”, che diventò presto uno dei miei film preferiti fino all'età adulta. Riuscì a vederlo di seguito per ben due volte complete più una parte del primo tempo per la terza volta. Non mi accorsi della loro assenza fino all'accensione delle luci per l'ultima proiezione serale.
Ero talmente ammaliato dalle peripezie del giovane mostriciattolo, il quale doveva cavarsela anche senza l'aiuto del babbo Godizilla, che non sentivo la necessità di condividere quelle immagini con due adolescenti femmine in preda a ben altri fremiti di vita.
Il figlio di Godzilla, doveva lottare contro mostri più grandi e prepotenti di lui e ci riusciva nononostante la mancanza della guida paterna nella lotta per la sopravvivenza nella giungla post-atomica. Quel contesto mi ricordava tanto la mia personale giungla.
Gabriella e Graziella mi trovarono sepolto dalle bucce di semi e lupini che avevo in dotazione e a fatica riuscirono a strapparmi dalla sedia. Di corsa tornammo a casa, dove le attendevano ovviamente le solite sfuriate di nostra madre.
Grazie alle mie sorelle, riuscì a godermi tutta la saga cinematografica giapponese, diventando un potenziale concorrente di quiz televisivi sulla materia: “Splendori e miserie di Godzilla ed affini”.
Dopo il trasloco cominciarono ad abbattere la nostra casa del cimitero per fare posto a nuove cappelle. Questo lavoro si svolse in brevissimo tempo e noi assistemmo alla distruzione del nostro passato dal primo piano della nostra nuova abitazione.
L'azzurro degli occhi di mia madre divenne più brillante, quando la grù dette il colpo finale alla costruzione e cadde l'ultimo muro. Il muro dove Bianca e Aurelia avevano nascosto le reliquie dei propri figli. Ogni dente di latte che ci era caduto, le due donne lo avevano incastrato tra gli interstizi delle pietre che componevano quel muro a mò di segno indelebile della nostra esistenza.
Il muro faceva parte del perimetro esterno del cimitero. Il muro separava la nostra isola dal resto del mondo.
Ora quel muro era un cumolo di macerie e polvere.
le nuove cappelle... |