28° episodio de "L'Aiuto Becchino"
L'estate trascorse in totale anonimato. Spesso attraversavo la strada a controllare lo stato dei lavori della casa insieme a mia madre, portando agli operai edili acqua e fiaschi di vino. Mia madre era diventata impaziente e progettava continuamente nuovi tipi di arredo, passando dallo stile rustico al psichedelico con garbata disinvoltura, avendo cura di personalizzare tutto l'ambiente con tocchi di vera classe e attenta a far risaltare i suoi pezzi forti di design costituiti dai souvenir degli unici viaggi effettuati: Venezia e Viareggio.
Gli oggetti in questione erano una banale riproduzione di una gondola veneziana, uno scrigno intarsiato di conchiglie, un piccolo gioiello di alta fattura artigianale ed infine il pezzo forte: una gondola “segnatempo”, fatta di una materia sconosciuta, forse proveniente da altri pianeti, che a seconda della bassa o alta pressione, essa si colorava di blu o rosa. Dal momento di quel acquisto, una forma di meteopatismo indotto dal gusto vigente, aveva invaso tutta la famiglia.
Comunque il cantiere stava rispettando i tempi di lavoro previsti, Andrea aveva già deciso che dopo le nozze sarebbe andato a vivere in paese in un appartamento preso in affitto con la sua nuova famiglia lasciando così più spazio a disposizione da dividere con mille discussioni tra le mie sorelle e mia nonna.
Intanto mia nonna aveva ripreso un'attività che da tempo aveva trascurato; “dire il rosario”. Solitamente il rosario lo sgranava nei cupi pomeriggi invernali e terminata l'operazione lo riponeva nel sacco dei suoi preziosi bottoni ma ultimamente aveva abbandonato questa forma di preghiera a causa dei mille imprevisti avvenuti.
Una sera, mentre eravamo raccolti a vedere in tv un film con Gianni e Pinotto, Aurelia improvvisamente tirò fuori il rosario e senza distogliere lo sguardo dallo schermo cominciò a spostare con le dita nodose quei grani di legno che componevano il suo amato rosario e sottovoce iniziò la dolce cantilena. Perplessi ci guardammo, nessuno osò chiederle qualcosa e tantomeno ridere alle gag di Pinotto.
La mattina dopo fui svegliato da una insolita confusione fatta da pianti e singhiozzi. Era molto presto e mi meravigliai che le mie sorelle fossero già in piedi, contrariato dalla confusione mi voltai di nuovo tra le lenzuola deciso a far prevalere i miei diritti di sonno estivo, ma la confusione non accennava a diminuire, allora mia madre mi pose la mano sulla spalla e con gli occhi gonfi di lacrime mi disse:
“Alzati. Nonna Aurelia è morta!”
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