"Solo due cose contano nella vita: l'amore in tutte le sue forme con ragazze carine e la musica..."
Questa affermazione di Boris Vian, risulta veritiera in ogni tempo ed in ogni luogo, anche in quelli più impensabili, come in un cimitero e in una macelleria...
5° puntata de "L'aiuto Becchino"
Avevo una speranza bellissima per il mio futuro che si materializzava in Angela. Lei era la mia compagna di classe a cui svelavo i miei segreti più intimi e lei, derisa dalle sue amiche perché osava frequentarmi, corrispondeva l’interesse. Ovviamente la nostra amicizia era ostacolata, non solo dal tipo di abitazioni diverse ma anche dalla distanza. Quella striscia d'asfalto che separava il mio "condominio" dalla "vita reale", era invalicabile. Per questo, ogni qualvolta che Remo si recava in paese, io mi univo a lui nella speranza di intravedere durante il "viaggio", il mio amato angelo.
La macelleria di Primo, il padre dell'amata di mio fratello, era un grande e vecchio fondo ricavato da un'ex-stalla. Una volta a botte altissima costituiva il solaio che pareva un cielo da cui piovevano lateralmente pezzi di carni di ogni genere di animale. Il banco altissimo poneva ad altezza degli occhi dei clienti altri pezzi di carne. Le pecore ed i manzi erano i frequentatori più assidui di quel banco. Sopra troneggiava lui, nella propria regale veste bianca spruzzata ancora di fresco da alcune macchie sanguinolente. In mano lo scettro a forma di mannaia, accanto al Re non mancava la sua degna consorte, Regina Cosetta, la quale, se possibile, aveva ancor di più un aspetto austero. Entrambi, osservavano gli incauti avventori dall'alto in basso, incutendo una terribile soggezione che obbligava all'acquisto consigliato dalla regale coppia.
Erano rare le nostre visite in macelleria. Il pollaio "condominiale" ci riforniva sufficienti scorte di carne per i giorni festivi, ma quel giorno mio padre volle fermarsi, con la scusa di qualche braciolina, pensava di instaurare un rapporto amichevole con l'eventuale futuro co-suocero.
Entrai in quel maniero zeppo di carni, stringendo la mano a mio padre. Un timido saluto di Remo ruppe la tensione e in risposta, Cosetta cominciò a tagliare con foga pezzi di manzo sul banco. Dopo l'acquisto di due esili tovaglioli di carne, Remo accennò alla situazione dei rispettivi figli. La coppia sopra il banco ascoltò con attenzione il ragionamento di mio padre, annuivano ripetutamente, intervenendo nei momenti salienti. Alla fine si scoprirono di essere d'accordo sul tentativo di dissuadere i due innamorati a causa della loro giovane età e per il loro bene. Trovai solo che le motivazioni dei due genitori erano leggermente diverse, soprattutto nel punto in cui si chiedevano dove avrebbero potuto vivere, certamente non nella nostra isola. Inoltre, Primo, sottolineava come Andrea, nonostante la buona posizione professionale (un lavoro così "non muore mai") fosse sempre circondato da personaggi poco raccomandabili, come Vittorione, poco "convenzionali".
Uscimmo con due o tre etti di carne e con tanta amarezza. Capivo che Remo avrebbe voluto stimolare Andrea a coltivare quella relazione anche solo per dispetto nei confronti di quella coppia così poco regale ma alla fine riteneva impossibile quella relazione anche per lui.
Prima di tornare a casa, mio padre doveva espletare il dovere settimanale che aveva nei confronti dell'ispettore cimiteriale. Il giardino, ovviamente non era di proprietà della mia famiglia, bensì della Arciconfraternita Misericordia, istituzione benemerita di antichissima memoria. La sede di tale istituzione era attigua alla chiesa principale del paese. L'ispettore cui Remo doveva consegnare il registro dei nuovi arrivi, era lo stesso parroco; Don Spartaco, il quale dopo avere avuto cura delle povere anime su quest'intricata sede terrestre, continuava a seguirle ed amministrarle anche nella sede celeste. Questo doppio ruolo non gli impediva di concedersi qualche pausa riflessiva con lo stimato vino da funzione.
Velocemente Don Spartaco eseguiva il controllo amministrativo che mio padre redigeva con cura calligrafica. Era quel tipo d'attenzione particolare che gli uomini abituati a lavorare con la terra, ponevano per gli atti scritti. Una pagina del registro, costava a Remo più sudore dello scavo di tre fosse. E quella cura meticolosa nel riempire correttamente le caselle dove indicavano il nome, la professione, l'ex-residenza e la data di "partenza" dei nuovi "arrivati", tradivano il passato contadino di mio padre. D'altronde Remo cambiò solo in parte il mestiere, solo che adesso scavava la terra senza sperare che vi potesse crescere qualcosa. I semi che vi gettava, con una sorta di appassionato distacco, non concedevano alcuna speranza di fioritura e tanto meno producevano l'impressione che la vita avesse un suo corso logico.
L'appuntamento con l'ispettore era sempre rapido. Don Spartaco sfogliava velocemente l'enorme registro, s'informava sullo stato dell'altare della cappella centrale, orgoglio di tutto il giardino e l'incontro si concludeva sempre con l'abituale richiesta di Remo sull'inizio dei lavori della nuova abitazione del custode, alla quale Don Spartaco rispondeva con la solita solenne alzata di spalle carica di speranza per il futuro.