perennemente in viaggio

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perennemente in viaggio ...sempre in classe economica...

mercoledì 29 febbraio 2012

Un'occasione da prendere al volo...e "la guerra dei bottoni".


25° episodio de "L'Aiuto Becchino"   



La decisione del Preposto causò le più diverse reazioni nei componenti della mia famiglia e sui vari personaggi “satelliti”.

Queste furono le relative emozioni e conseguenti progetti futuri:

-Remo; incredulo, felice, proccupato per dove e come organizzare il laboratorio da marmista.
-Bianca; incredula, felice, preoccupata per tutto lo spazio in più che avrebbe dovuto pulire e tenere in ordine.
-Andrea; inebetito, sognante della stanza del figlio con tanto di culla ed accessori in stile liberty.  
-Anna; inebetita e sognante di una sua prossima casa lontana da quel “condominio”, ben più di pochi metri come era stato stabilito dal Preposto.
-Coppia Regale (Cosetta e Primo); rassegnati e confusi. 
-Gabriella; euforica, sognava la sua personale stanza con poster di Gianni Morandi e Dino alle pareti.
-Graziella; imbarazzata perenne, ancora restia ad uscire dal giardino dopo quello che era successo nei panni (pochi) di Salomè. Aveva confermato l'intenzione di cambiare non solo casa ma anche paese.
-Marco; sollevato, convinto nel perdono di Graziella e rassegnato a riprendere la normale attività col gruppo teatrale nelle sale della parrocchia.
-Don Spartaco; inamovibile, aveva cambiato destinazione d'uso alle sale della parrocchia. Non più disponibili alle attività culturali. Il parroco pensò di trasformare quelle sale in spogliatoi per i frequantatori della pista di pattinaggio adiacente la chiesa.
-Enzino; allibito, ammutolito. Temeva di non essere più il benvenuto, se avessimo avuto una vera casa.
-Vittorione; serafico (finalmente).
-Edda; non pervenuta.
-Io; inconsapevolmente felice. 
-Angela; non pervenuta.
-Suor Valeria; fiduciosa nella volontà di Dio.
-Suor Luciana; fiduciosa nella volontà del Preposto.
-Paese; sconcertato.
-Arciconfraternita; pragmatica.
-Tobia; rilassato.
-Guanto nero; stessa ansia di ricerca.
-Polli (nel pollaio); impertubabili, indifferenti.

Infine, Nonna Aurelia; con un'espressione di spavento stampata sul volto come quella di un'animale braccato che cerca il proprio rifugio-tana. 
Aurelia, in quei giorni sembrava che non avesse più la percezione di ciò che stesse accadendo. Spesso, si metteva seduta in penombra davanti ad un angolo del tavolo in silenzio, a contare e ricontare i bottoni che costudiva in un sacco di tela. Erano i bottoni d'emergenza, di ogni tipo e misura. I sostituti che potevano salvare in ogni momento la sciagura della perdita dei bottoni delle giacche, cappotti, camicie, borse e addirittura scarpe di tutta la famiglia. Li aveva raccolti negli anni con pazienza e dedizione, strappati da vecchi abiti che il tempo e l'usura, la costringeva a privarsene. Oppure donati da conoscenti e amiche, quasi mai comprati in merceria. Se occorreva sostituire un bottone di una giacca, non era necessario che il bottone fosse dello stesso colore e misura o dello stesso materiale, era sufficiente che ricordasse vagamente la stessa fattura e modello. Il risultato spesso era simile alla creazione di una giacca di un triste clown ma la nonna ne era orgogliosa, perchè aveva impedito che uno della famiglia uscisse di casa, anche solo per un momento, con una giacca senza bottoni. 
Una raccolta stupenda che invidiavo molto più delle mie collezioni di figurine. 
Così, spesso la vedevamo contare ed ammirare quelle pietre preziose che Aurelia si era guadagnata faticosamente nella sua lunga vita di privazioni. 
Il suo volto ed il suo stato d'animo ricordavano la faccia piena di rughe di Buster Keaton nell'opera cinematografica “Film” di Samuel Beckett. Come Keaton, anche Aurelia tentava disperatamente di sfuggire dalla visione della realtà e sopratutto dalla percezione di se stessa.



venerdì 24 febbraio 2012

Il buon Preposto e la morale pubblica.


“Bah... Un assassinio non è poi gran cosa. Per chi dispone della vita delle anime, che cos'è in fin dei conti la perdita di un corpo? Ma ci sono le apparenze: si, la morale pubblica, i costumi, le convenienze sociali a cui il papa tiene in modo particolare. E' questo il motivo della sua severità nei vostri confronti, conte Cenci... e delle sue pretese; c'è voluta tutta la mia autorità in consiglio per persuaderlo a non farvi imprigionare. Dategli tutte le terre al di là del Pincio e vi saranno rimessi tutti i peccati.!
atto primo – scena prima “I Cenci” di Antonin Artaud

24° episodio de "L'aiuto Becchino.


Erano passate ormai tre ore dalla partenza di Remo e in casa l'atmosfera era talemente tesa che le mie due sorelle stavano sedute in totale contemplazione immobili anche senza l'ausilio del mangiadischi o della radio. Enzino ci stava facendo compagnia in quella attesa che sembrava infinita. Enzino aveva terminato di sistemare le lapidi a lui assegnate, sostituendo i mazzolini di fiori secchi con quelli freschi. Sapevamo che non sempre usava tutti i soldi che gli venivano consegnati dai parenti per l'acquisto dei fiori, a volte, un mazzo di fiori come per magia si raddoppiava e veniva utilizzato per più “appartamenti”. Ma la sua precisione e puntualità nel curare le tombe, copriva ogni suo strano gioco di prestigio, inoltre aveva il grande pregio di alleggerire la tensione in ogni occasione. 
Il giardino cominciò ad illuminarsi con le migliaia di piccole luci disseminate ovunque quando mio padre rientrò. Nessuno osava essere il primo a chiedere cosa avesse detto il Preposto, erano sufficienti i nostri sguardi interrogativi, tanto che non fece in tempo a togliersi la mantella della “montura” che srotolò sul tavolo un disegno, lo indicò con il dito, accompagnato da un bizzarro suono emesso dalle profondità delle sue corde vocali.
Il disegno, di buona fattura vagamente in stile liberty, rappresentava la parte esterna del nostro giardino ed al di là della strada una piccola ma graziosa abitazione con tanto di cancello che  proteggeva l'area pertinente. 
In basso una scritta: “casa del custode del cimitero”.


Il Preposto, a dispetto di tutto e tutti, aveva deciso che era giunto il momento di realizzare l'abitazione per la nostra famiglia. 
“Caro Remo, dobbiamo attenuare la pressione che la vostra famiglia recentemente sta subendo.  Per cui ho dato incarico ad un valente architetto, in accordo con tutto il “Magistrato”, di progettare la nuova casa del custode all'esterno del cimitero, in modo da recuperare lo spazio abitativo attuale e destinarlo alla sua funzione originale, cioè ai nuovi loculi più moderni ed efficienti. Così  ci guadagniamo un pò tutti. Noi riprestiniamo l'ordine... non mi fraintedere caro Remo. Dico “ordine” per intendere quella normale disposizione delle cose, che ci permette di mantenere e progredire nella ricerca della civile convivenza e felicità reciproca. Voi avrete uno spazio consono, dove far alloggiare finalmente la vostra famiglia ed infine aggiungiamo spazio ai nuovi futuri clienti!”
Questo disse il Preposto a mio padre.
Quella notte nessuno riuscì a chiudere occhio, mio padre riprese la vecchia abitudine di riposarsi in un loculo ancora disponibile. I miei fratelli insieme a Bianca, erano entusiasti dall'idea di abbandonare quel luogo per una vera e normale abitazione che già discutevano come arredare e spartirsi il nuovo spazio. Aurelia, però aveva un'espressione stranamente malinconica. 
Io mi sedetti al centro del viale centrale con un nuovo quaderno dove cercai di disegnare il cimitero nei suoi dettagli più insignificanti: croci di marmo, gli alti cipressi agli incroci dei viali, i corbelli per i rifiuti (recipienti fatti da lamelle di legno intrecciate tra loro), le fontanelle dell'acqua e gli scalini che portavano alla porta di casa mia.
Ma alla fine, feci pochi scarabocchi perchè mi distrassero le prime lucciole stagionale svolazzanti tra le lapidi, tanto che sembravano animare le flebili luci dei lumini. Centinaia di fuochi fatui danzanti.




lunedì 20 febbraio 2012

Il "Preposto" contro l'articolo 18


23° episodio de "L'Aiuto Becchino"


Angela aveva parlato con alcuni compagni di scuola del teatro nel mio giardino che a loro volta  ne avevano parlato in famiglia. Così la notizia delle prove aveva fatto il giro del paese e si sa, il paese è piccolo e la gente... Alla fine, ad assistere a quella prova dove mia sorella Graziella si aggirava tra gli “appartamenti” principali del cimitero seminuda, c'erano tutti i ruspanti giovani dell'intero contado. 
Il giorno dopo non sapevo come presentarmi a scuola. La derisione quotidiana nei miei confronti era ormai sopportata e non mi infastidiva più di tanto. Ma quella mattina ero particolarmente indispettito dall'atteggiamento dei miei compagni che ovviamente erano già a conoscenza di tutto. I loro sghignazzi mentre inscenavano una patetica pantomima, mi resero alquanto nervoso. 
Un ragazzo a gambe nude sopra la cattedra mimava la danza dei sette veli con altrettanti grembiuli, mentre tutti gli altri sotto di lui ammiravano le beltà scoperte in atteggiamenti inequivocabili. Con lo sguardo cercai Angela la quale, era completamente imbarazzata e stretta in angolo della classe cercava di chiedermi scusa con gli occhi, ma ormai il sangue aveva raggiunto il livello di ebollizione e per raffreddarlo stavo per scaraventarmi contro quella oscena Salomè, me lo impedì l'entrata di Suor Valeria che pose fine a quella farsa con una preghiera purificatrice. Più tardi, ebbi anche la gradita visita di Suor Luciana...
Remo fu convocato immediatamente dall'Arciconfraternita, addirittura doveva incontrare personalmente il Venerabile Preposto Cav. Girolamo Guendalini. Tutti noi temevamo che la conseguenza sarebbe stata molto grave e definitiva. Il Preposto non dava mai udienza ai dipendenti dell'Arciconfraternita e tanto meno al custode del cimitero che neanche conosceva. Il Preposto era a capo del “Magistrato”; organo istituzionale, supremo consiglio deliberante di tutta l'Arciconfraternita che coordinava l'attività generale della Fratellanza. Il Cav. Girolamo Guendalini, era una figura fantomatica su cui aleggiava una serie di leggende ove si narrava che nessuno l'avesse mai visto in volto perchè solitamente si presentava agli incontri con una luce alle sue spalle tale da proiettare la sua silhouette su una garza  semitraparente posta a mò di divisorio tra lui e   il disgraziato l'interlocutore e la sua voce, solenne e intimidatoria, era seguita da un effetto sonoro di eco che ricordava vagamente il tuono dei temporali.


Nessuno in casa osava parlare. Marco era devastato, si sentiva tremendamente in colpa per tutto quanto e tentava inutilmente di consolare Graziella, la quale aveva giurato che non sarebbe mai più uscita dal nostro giardino, tanto era la vergogna che provava, e per vincere il suo stato di frustrazione, aveva pensato bene di scagliare contro il povero Marco tutti i suoi amati 45 giri. Si fermò solo quando prese in mano il disco di Rita Pavone “Datemi un martello”, che gli suggerrì di passare ad altro. Andrea era in ansia perchè si immaginava la reazione dei genitori di Anna. Primo e Cosetta, la regale coppia della carne macellata, infatti erano a capo del sentimento comune del paese che voleva spingere l'Arciconfraternita, a prendere l'inevitabile decisione a tutela della decenza e dignità della comunità: il licenziamento di Remo. Dopo le sciagurate malefatte di Vittorione, si aggiungeva anche questo; il limite era stato oltrepassato.


Remo si vestì in “montura”, la divisa ufficiale dei Fratelli dell'Arciconfraternita e si apprestò ad incontrare il Preposto. In un silenzio di “tomba”, stava per oltrepassare la soglia del cancello che divideva la nostra isola dal resto del mondo, quando nonna Aurelia lo chiamò e gli disse a voce alta, attenta che sentissero tutti:
“Remo, non devi andare con questo volto. Devi avere il volto pulito e luminoso della tua coscienza pulita e luminosa. Credi che il Preposto possa sostituire te e tutti noi così facilmente? Sii fiero di tutto quello che hai fatto, anche di questo ultimo tentativo di vita che hai dato a tutti noi!”

Mio padre, senza voltarsi a salutare, prese  la 500 familiare bianca e si avviò verso l'ncontro che poteva cambiare il nostro destino.

mercoledì 15 febbraio 2012

Salomè nel giardino e il fascino del proibito...


22° episodio de "L'Aiuto Becchino"


Si avvicinava la fine della scuola e l'inizio dell'estate e dentro di me cresceva il timore di non riuscire più a vedere Angela. Così pensai che la nostra rappresentazione teatrale nel cimitero, fosse un'occasione per ottenere maggiore prestigio ai suoi occhi e la possibilità di nuovi incontri. Le dissi quello che accadeva di sera nel mio giardino, nonostante il divieto assoluto posto da Marco e Remo. Infatti, il lavoro di promoteur di Bianca e Aurelia, era molto discreto e attento a selezionare chi potesse essere interessato e comprendere il senso intero dell'evento. E fino ad allora, avevano individuato ben sette persone tra i visitatori del giardino, che fossero idonei a condividere la buona novella. 
"Stiamo organizzando un grande evento di cui ne parlerà tutto il paese, è una cosa mai vista e mai fatta. e la facciamo da me!"
Non sapevo se ero riuscito a incuriosire Angela a sufficienza, così continuai:
"Sai non a tutti sarà permesso di partecipare, ma potrei farti assistere alle prove se ti và. Io faccio di tutto, devo preparare bene le cose che servono, mettere a posto, aiutare Marco che è il regista e tante altre cose. Che dici?"
Angela non diceva niente. Allora per scuoterla le dissi:
"E' Salomè! Capisci?"
Non capiva, ma tentai la carta del fascino del proibito:
"E' una donna semi nuda che balla con dei veli trasparenti chiedendo la testa di Giovanni Battista. E Salomè la farà mia sorella Graziella! Perchè è brava a ballare sulla musica ed è molto bella".

Erano già due settimane che venivano fatti i preparativi e Remo non aveva ancora trovato il coraggio di parlarne con Don Spartaco per intercedere poi con l'Arciconfraternita affinchè venisse dato il permesso ufficiale.  Marco era personalmente convinto della bontà dell'idea e non cedeva di un passo sul proposito di metterla in scena pubblicamente. 

Giunti alla sesta prova, dove Gabriella aveva cucito quasi tutti i costumi, Andrea aveva finito gli accorgimenti tecnici, la nonna e mia madre erano addette al rifornimento di vino, Remo controllava in modo ossessionante che il cancello fosse ben chiuso continuando a scuotere la testa ad ogni ripresa delle prove  e tutti noi coinvolti al massimo insieme ai simpatici attori del gruppo di Marco il quale dette il via alla scena madre, in cui Salomè, scendendo dalle scale della cappella centrale, accennava l'inizio della danza dei sette veli. Nel silenzio più solenne, qualcuno gridò:

"Toglieteli tutti! Nuda! Nuda! Nuda!"


lunedì 13 febbraio 2012

Il teatro nel luogo dell'assurdo.


L’autoclete
Quando il sipario macabro con rumore di ventaglio ripiegò verso la soffitta la sua grande ala rossa, un pozzo d’ombra s’aprì e sbadigliò davanti a noi una ghul.* Simili a lucciole le candele di resina portavano pretenziosamente i loro occhi nelle unghie delle loro mani di gloria, come le lumache in cima alle corna. E noi fummo presi da un fremito improvviso a quel pensiero, che delle marionette avrebbero, con i loro lazzi, spianato le nostre fonti cupe, perché sembrava che su una tal scena al brio degli attori di legno dovesse applaudire la claque d’ossa dei mascellari.
* Vampiro femminile che divora i cadaveri nei cimiteri.
"Guignol" di Alfred Jarry

21° episodio de "L'Aiuto Becchino"


Marco era talmente rapito dalla sua idea di realizzare uno spettacolo teatrale nel cimitero che non sembrava più lui. Neppure Graziella sembrava turbarlo come sempre. 
Marco coltivava la passione del teatro gestendo un piccolo gruppo di attori amatoriali del paese e dopo aver visto in città uno strano film tratto dal testo teatrale di Oscar Wilde, gli era nata quest'idea bizzarra che il luogo deputato per eccellenza per la messinscena di quel testo fosse il nostro giardino e come palcoscenico principale la cappella centrale. 


Aveva già disegnato alcuni bozzetti della scenografia “naturale” dello spettacolo, utilizzando le luci naturali del giardino di notte e con una semplice aggiunta di un grande velo di tulle viola, per celare le lapidi delle pareti laterali della cappella: l'allestimento scenografico era fatto. Era il naturale luogo per rappresentare quel dramma. 
Marco parlò con Remo, il quale non smetteva di scuotere la testa ad ogni frase che pronunciava, ma era tale l'entusiasmo di Marco che contaminò tutta la famiglia. La nonna cercava di convincere Remo dicendogli che l'idea assurda di Marco era possibile, perchè lei in 50 anni aveva visto altri tipi di dramma in quel giardino e Salomè avrebbe dato finalmente un senso diverso a quel luogo, un senso reale di vita. 
Remo accettò di parlarne con l'ispettore dell'Arciconfraternita ma era ancora molto scettico.
Senza attendere l'esito del colloquio con l'ispettore, Marco cominciò ad organizzare le prove e distribuire ruoli e mansioni a tutti noi. Graziella, accantonando le consuete ritrosie dimostrate nei confronti di Marco, si era resa disponibile nel ruolo di protagonista, improvvisandosi attrice di grande esperienza. Anche Enzino decise che avrebbe partecipato in qualche modo all'evento. Gabriella era diventata la costumista. Andrea, dopo un'esitazione iniziale, si rese disponibile come tecnico e aiuto regista. Bianca e Aurelia erano diventate le “promoteur” dell'evento.
Ma il nostro regista, voleva fare tutto in modo professionale ed organizzò un calendario per le prove da fare esclusivamente in notturna, a “cancelli chiusi” lontano da occhi indiscreti e senza rischiare di urtare la suscettibilità dei "visitatori".


martedì 7 febbraio 2012

La monotonia del lavoro che non muore mai.

monotonia: sgradevole insistenza e ripetizione di stessi fatti, situazioni etc.
uniformità: di colori, sensazione di noia causata dal costante e invariato ripetersi di medesimi fatti o situazioni.
tedio: la monotonia di un'esistenza sempre uguale

20° episodio de "L'Aiuto Becchino" 


Mia nonna Aurelia aveva altre due figlie: Onelia e Liliana, che insieme a mia madre, aveva costudito il giardino durante l'ultimo conflitto mondiale; cosa per la quale le aveva valso la medaglia d'oro al valore civile. Riconoscenza dell'intera comunità locale, dimenticata molto presto... Il marito di Aurelia, Olinto, era morto prima della guerra per una banale polmonite. Mio padre Remo era subentrato al termine della guerra per quella strana serie di eventi che intrecciati tra loro costruiscono la trama della vita di ciascuno di noi.  
Remo, mentre tornava su al nord a coltivare la terra dei propri genitori, inciampò in una tappa di viaggio in Toscana che poco dopo si trasformò nella meta della sua vita. Incontrò contemporaneamente: amore, lavoro, casa e nuova famiglia. Non si fece scrupoli in nessuno dei casi. Sposò Bianca, prese possesso del nuovo lavoro, che in parte gli ricordava quello precedente, in fin dei conti aveva sempre a che fare con la terra e dopo le poche ma fondamentali istruzioni di nonna Aurelia cominciò una nuova “vita”. In quel giardino e nel paese si fece benvolere da tutti, grazie anche al suo carattere riservato ma bonario. 
Molti, per mostrare il loro livello di rispetto, gli ricordavano spesso quanto fosse fortunato ad avere "un lavoro che non morirà mai!" ed immediatamente gli chiedevano la cortesia di depositare dei fiori ai loro cari o di prendersi cura dei loro appartamenti, perchè impossibilitati a farli visita in prima persona. 
 Remo non si pentì mai di aver colto quella opportunità offertagli dal incontro con Bianca. Si adattò subito al giardino, come se non avesse fatto altro in vita sua e se fosse naturale "campare" la propria famiglia in quel posto. La monotonia di quel lavoro non la sentì mai.
Così, io e i miei fratelli avevamo aperto gli occhi in quella piccola parte di mondo che solo apparentemente sembrava che avesse molto poco in comune con le restante porzioni di mondo. Era normale che mio fratello mi avesse insegnato come scovare le lucertole sotto le piccole lapidi delle tombe dedicate alle suore. Era normale sentire la fiaba del guanto nero che vagava di notte alla ricerca della defunta padrona e non quella della piccola fiammiferaia o di cenerentola. Era ovvio che le mie sorelle mi insegnassero a ballare sulle melodie di Rita Pavone, Gianni Morandi e Caterina Caselli sul "palco" della Cappella Centrale. E soprattutto era ancor più ovvio che mio padre, per sfuggire alla calura estiva, era solito coricarsi nei loculi liberi, dove affermava che si riposasse benissimo.

Things to come (regia di W. C. Menzies tratto da  un romanzo di H.G. Wells)

La mia visione del mondo non era limitata ne stravolta dal giardino, perchè mi appassionavo talmente tanto ai film di fantascienza trasmessi in tv, da ricavare un giudizio obiettivo e reale sul mio mondo e quello di "fuori" dal giardino.
Un pomeriggio arrivò Marco, gli corsi incontro perchè volevo raccontargli il film visto poche sere prima: "La vita futura nel 2000: guerra o pace". Un vecchissimo film inglese che mi aveva letteralmente rapito. Ma il mio entusiasmo si scontrò con quello di Marco perchè voleva parlare a Remo per proporre la realizzazione di uno spettacolo teatrale nel giardino...