perennemente in viaggio

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perennemente in viaggio ...sempre in classe economica...

venerdì 24 febbraio 2012

Il buon Preposto e la morale pubblica.


“Bah... Un assassinio non è poi gran cosa. Per chi dispone della vita delle anime, che cos'è in fin dei conti la perdita di un corpo? Ma ci sono le apparenze: si, la morale pubblica, i costumi, le convenienze sociali a cui il papa tiene in modo particolare. E' questo il motivo della sua severità nei vostri confronti, conte Cenci... e delle sue pretese; c'è voluta tutta la mia autorità in consiglio per persuaderlo a non farvi imprigionare. Dategli tutte le terre al di là del Pincio e vi saranno rimessi tutti i peccati.!
atto primo – scena prima “I Cenci” di Antonin Artaud

24° episodio de "L'aiuto Becchino.


Erano passate ormai tre ore dalla partenza di Remo e in casa l'atmosfera era talemente tesa che le mie due sorelle stavano sedute in totale contemplazione immobili anche senza l'ausilio del mangiadischi o della radio. Enzino ci stava facendo compagnia in quella attesa che sembrava infinita. Enzino aveva terminato di sistemare le lapidi a lui assegnate, sostituendo i mazzolini di fiori secchi con quelli freschi. Sapevamo che non sempre usava tutti i soldi che gli venivano consegnati dai parenti per l'acquisto dei fiori, a volte, un mazzo di fiori come per magia si raddoppiava e veniva utilizzato per più “appartamenti”. Ma la sua precisione e puntualità nel curare le tombe, copriva ogni suo strano gioco di prestigio, inoltre aveva il grande pregio di alleggerire la tensione in ogni occasione. 
Il giardino cominciò ad illuminarsi con le migliaia di piccole luci disseminate ovunque quando mio padre rientrò. Nessuno osava essere il primo a chiedere cosa avesse detto il Preposto, erano sufficienti i nostri sguardi interrogativi, tanto che non fece in tempo a togliersi la mantella della “montura” che srotolò sul tavolo un disegno, lo indicò con il dito, accompagnato da un bizzarro suono emesso dalle profondità delle sue corde vocali.
Il disegno, di buona fattura vagamente in stile liberty, rappresentava la parte esterna del nostro giardino ed al di là della strada una piccola ma graziosa abitazione con tanto di cancello che  proteggeva l'area pertinente. 
In basso una scritta: “casa del custode del cimitero”.


Il Preposto, a dispetto di tutto e tutti, aveva deciso che era giunto il momento di realizzare l'abitazione per la nostra famiglia. 
“Caro Remo, dobbiamo attenuare la pressione che la vostra famiglia recentemente sta subendo.  Per cui ho dato incarico ad un valente architetto, in accordo con tutto il “Magistrato”, di progettare la nuova casa del custode all'esterno del cimitero, in modo da recuperare lo spazio abitativo attuale e destinarlo alla sua funzione originale, cioè ai nuovi loculi più moderni ed efficienti. Così  ci guadagniamo un pò tutti. Noi riprestiniamo l'ordine... non mi fraintedere caro Remo. Dico “ordine” per intendere quella normale disposizione delle cose, che ci permette di mantenere e progredire nella ricerca della civile convivenza e felicità reciproca. Voi avrete uno spazio consono, dove far alloggiare finalmente la vostra famiglia ed infine aggiungiamo spazio ai nuovi futuri clienti!”
Questo disse il Preposto a mio padre.
Quella notte nessuno riuscì a chiudere occhio, mio padre riprese la vecchia abitudine di riposarsi in un loculo ancora disponibile. I miei fratelli insieme a Bianca, erano entusiasti dall'idea di abbandonare quel luogo per una vera e normale abitazione che già discutevano come arredare e spartirsi il nuovo spazio. Aurelia, però aveva un'espressione stranamente malinconica. 
Io mi sedetti al centro del viale centrale con un nuovo quaderno dove cercai di disegnare il cimitero nei suoi dettagli più insignificanti: croci di marmo, gli alti cipressi agli incroci dei viali, i corbelli per i rifiuti (recipienti fatti da lamelle di legno intrecciate tra loro), le fontanelle dell'acqua e gli scalini che portavano alla porta di casa mia.
Ma alla fine, feci pochi scarabocchi perchè mi distrassero le prime lucciole stagionale svolazzanti tra le lapidi, tanto che sembravano animare le flebili luci dei lumini. Centinaia di fuochi fatui danzanti.




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