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episodio de "L'Aiuto Becchino"
Teatro
dell'illusione e illusiorietà dell'esistenza, inganno e disinganno
e la teatralità della vita.
Pierre
Corneille “l'Illusion Comique” (1660)
atto
primo scena prima
Dorante:
“Il
mago che a un suo cenno ribalta la natura, come palazzo ha scelto
questa spelonca cupa. La notte che lui stende sull'orrida dimora
scostando il fitto velo soltanto a un falso giorno di quella luce
incerta in questi luoghi ammette solo quanto il rapporto con le ombre
concede. Non spingetevi oltre; ai piedi della roccia ha disposto il
castigo per chi tenta l'approccio: e l'antro che vedete è un muro
invisibile di aria in sua difesa del tutto inaccessibile che gli fa
da bastione. Su questi funesti orli uno strato di polvere ricopre
mille morti. Temendo alla sua quiete più che alla sua difesa
annienta gli importuni insieme a chi gli offende. Frenate
l'impazienza e la curiosità, occorre per parlagli che si senta a suo
agio. Tra poco lui farà la solita comparsa e fuori dalla grotta
uscirà a ricrearsi.”
Avevo
voglia di terra ferma. Togliere le ancore dalla casa che era
diventata semplicemente il pontile della mia isola da cui mi sentivo
quasi minacciato.
Gli
anni della scuola media passarono velocemente tra le pseudo avventure
con gli amici e le mie nuove mansioni nel giardino. Remo si era
dotato di mezzi tecnologici nuovi per affrontare la manuntezione
ordinaria del cimitero e i lavori con il marmo. Mi ero offerto di
tagliare periodicamente l'erba nei “quadri” con il potente
tagliaerba elettrico, di recente acquisto e avevo imparato ad usare
il “pantografo”, desiderato e voluto fortemente da mio fratello
Andrea. Il pantografo era una sorta di copiatore meccanico costituito
da due punte guidate in parallelo da un braccio che veniva guidato
dall'operatore. Una punta seguiva un disegno, un angelo, il volto di
Gesù afflitto, etc.. oppure le lettere con cui realizzare l'epigrafi
sulla lapide. L'altra punta incideva sul marmo perfettamente ciò che
la prima “copiava”. Forse a causa di questa macchina decisi che
il mio futuro fosse l'istruzione tecnica superiore per geometri.
Immaginavo che la professione del geometra sarebbe stata la più
adatta alle mie aspirazioni di falso disegnatore. Ero bravo a copiare
quei disegni di immagini dolci e malinconiche. Copiavo nomi, date e
immagini di vite finite di tanti ex abitanti di questo mondo,
omaggiandoli con l'ultimo loro segno lasciato ai viventi, inciso sul
marmo.
Cominciai
a frequentare in città, l'istituto tecnico per Geometri. La scuola
era vicina alla casa di mia zia Liliana ed io, spesso mi fermavo da
lei prima di tornare a casa. I nuovi amici, la scoperta della città,
le prime emozioni erotiche e l'impegno politico e culturale che stavo
vivendo con frenesia e avidità; mi portò a supplicare mia madre che
mi desse il permesso di soggiornare per tutta la stagione scolastica
da mia zia.
Così
lasciai entusiasta la mia isola a favore della nuova vita cittadina.
Avevo
un appetito straordinario di novità e vita in genere. Ogni cosa che
mi capitava la divoravo immediatamente, accumolavo in eccesso quelle
vibrazioni vitali che rischiavo “l'obesità energetica”.
Mi
sentivo pronto ad affrontare tutto ciò che mi sarebbe successo nella
vita.
Nella
mia vita avrei potuto gioire e soffrire, far gioire e far soffrire,
viaggiare e sognare, impegnarmi e riposarmi, incazzarmi e umiliarmi,
deprimermi ed esaltarmi.
Avrei
potuto innamorarmi fino allo sfinimento e avrei potuto desiderare di
morire all'istante, avrei potuto ascoltare e fare l'indifferente.
Inoltre
avrei potuto sposarmi, fare un figlio e separarmi, avrei potuto
vedere morire entrambi I genitori e amici cari, avrei potuto cadere
in difficoltà economiche e risalire con grande sacrificio, avrei
potuto diventare servo del potere ed un eroe mancato.
Avrei
potuto riconquistare l'amore delle persone a me vicine trovando
nuovi stimoli e nuovi amori.
Insomma
avrei fatto tutto quello che le persone normali fanno nella vita.
Ma,
un'estate in cui tornavo a bagnarmi nelle acque della mia isola, Remo
si rivolse a me chiedendomi come mi andava.
“Babbo,
vado piano ma sempre avanti”
Risposi
orgoglioso, con il suo unico consiglio che mi aveva dato.
Dopo poco
andai in paese per controllare gli eventuali cambiamenti che aveva
subito in mia assenza.
Incontrai
alcuni amici che mi invitarono a fare il bagno nel fiume locale. Tra
loro, anche Angela. Con riluttanza accettai. Angela mi sorrise e
giunti nei pressi del fiume, tutti si spogliarono per il tuffo
collettivo nell'acqua fresca.
Guardando
negli occhi Angela mi scordai che non avevo la benchè minima nozione
di nuoto e non capivo perchè stavo facendo una cosa del genere.
I
raggi del sole filtravano dall'alto nell'acqua ed io vedevo
l'immagine liquida di Angela che si allontanava e più tentavo di
emergere, più la sua immagine diventava indistinta e sfocata.
Una
corrente mi trascinò miseramente a fondo. Mi voltai per capire da
dove provenisse quella forza impetuosa e mi parve di scorgere due
enormi campane sottomarine che oscillando alternamente tra loro
producevano quel fatale vortice.
I
raggi di luce si spensero ed io, lentamente, tornai nella mia isola.
Io
ero morto ma la vita e la storia continuano.