Pensai: “Forse Adelma è la città cui si arriva morendo e in
cui ognuno ritrova le persone che ha conosciuto. E’ segno che sono morto
anch’io” Pensai anche: E’ segno che l’aldilà non è felice”.
Le città invisibili (Le città e i morti 2) di Italo Calvino
19 episodio de "L'aiuto becchino"
Avevo alcuni vantaggi che i miei coetanei non potevano
neanche immaginare. Oltre ad avere a disposizione il giardino più grande di
tutti, potevo godere di alcuni viaggi periodici, insieme a mia madre, con
destinazione: il luogo dei “marmi santi” .
Questa città, famosa perché ci abitavano e lavoravano i
migliori scultori e incisori di ogni tipo di pietra, era geograficamente
“posata” molto vicina alla costa marina. Remo, oltre ad impostare le epigrafi e
collimare bene tra loro gli accessori, non aveva il talento necessario nel
disegnare il marmo per creare figure in omaggio al caro estinto. Così ogni
volta che ce ne era bisogno, mio padre si affidava ai migliori scultori di arte
sacra che per l’appunto risiedevano vicini al mare. Il contatto commerciale con
gli artisti e di conseguenza anche il trasporto delle opere; era affidato a mia
madre Bianca. Che per l’occasione si era dotata, di un auto mezzo idoneo: la
500 Giardinetta! Automezzo finalizzato ai bisogni di tutta la famiglia, nonché
al trasporto di opere di arte funeraria. Mia madre, intraprendeva quei viaggi
con sprezzo del pericolo e grande entusiasmo da esploratore. Io mi esaltavo ogni volta che l’accompagnavo. La nostra
meta distava circa 100 km. da noi e sembrava una distanza infinita, quindi per
intraprendere questo epico viaggio, tutte le volte ci attrezzavamo adeguatamente con ogni tipo
di vivande ed eventuale vestiario di ricambio.
Il nostro “parco auto”, costituito dalla giardinetta e da un vecchio carro
funebre, era costudito in una sorta di garage nel retro del giardino poco
distante dal pollaio e non raramente trovavamo le galline che avevano
depositato i loro frutti ovali sul sedile dell’autista. La piccola familiare
bianca accanto all’altra enorme familiare nera, creava un contrasto bizzarro ma
pieno di significati in quel improvvisato garage.
Quella volta,
ad accompagnare nostra madre, andammo io e le mie due sorelle che durante il
viaggio mi istruirono a dovere, con il loro mangiadischi arancione, su tutte le
hit della canzone leggera del momento.
Era il viaggio dedicato a Vittorione, perché avevamo deciso
di omaggiarlo di una lapide con
una incisione di due guantoni
da boxer.
Dopo aver esaurito i doveri professionale e visitato
velocemente la città degli artisti, mia madre ci permise una sosta al
mare.
Ogni vita è unica, ogni infanzia un film. Di solito lo si capisce da vecchi. Com'è che tu ci sei arrivato prima? Nostalgia della meraviglia?
RispondiEliminaMi sento un po' lapide in questo silenzio di commenti...
(a parte Mirco!). Peccato perché meriterebbe più attenzione.
già finito?
RispondiEliminasi questa è l'espressione, che tutte le volte che mi trovo il post su f. e corro con il mouse e gli occhi a cercare e inizio a leggere.
leggo avidamente, perché quelle righe fanno affiorare momenti tesi ad essere dimenticati o lasciati in qualche neuromemo, che, come i sogni che non ricordiamo e che cerchiamo di trattenere ...e inevitabilmente ne perdiamo il sapore.
the next time...